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Covid19 – come una randonnée

Mauro ama la sua bicicletta come fosse un figlio, la tiene in cucina, la accudisce, forse (non abbiamo mai visto farglielo, ma ci piace immaginarlo) addirittura ci parla. La bicicletta è il suo passaporto per affrontare viaggi sconfinati, fosse anche solo prendere la ciclabile che passa dietro casa, con il cavalcavia sull’autostrada che sembra il Monte Rosa, di sera, al tramonto. Mauro ha imparato che andare in bicicletta è una sequenza di gesti concreti, metodici ma assolutamente mansueti, che portano lontano come il passo del montanaro, che semplicemente lo fanno stare bene: una pedalata rotonda dopo l’altra, un gesto circolare che si ripete chilometro dopo chilometro, in qualsiasi condizione climatica, senza l’arroganza di dover arrivare per forza, con il coraggio mite di sapersi anche fermare, se non è il caso di proseguire.

Il Randonneuring è uno sport di lunga distanza in bicicletta, dove i partecipanti affrontano percorsi di 200 km o più, passando attraverso “controlli” predeterminati (checkpoint). I corridori mirano a completare il percorso entro limiti di tempo stabiliti e ricevono un riconoscimento indipendentemente dal loro ordine di arrivo. Un evento randonneuring è chiamato randonnée  e un ciclista che ha completato un evento è chiamato un randonneur.

I randonneurs possono viaggiare in gruppi o da soli, ma devono essere autosufficienti

Ogni partecipante si deve considerare in escursione personale; deve, inoltre, rispettare la segnaletica ufficiale, utilizzare mezzi idoneamente equipaggiati, indossare vestiario che lo renda facilmente individuabile anche durante le ore notturne e rispettare il Codice della Strada anche per quanto riguarda gli aspetti legati all’equipaggiamento (esempio: luci anteriori e posteriori per la notte ed in caso di scarsa visibilità o maltempo).

Insomma siamo tutti randonnér adesso, tutti chiamati a questa estenuante corsa da fermi. Cercando parallelismi su come affrontare la cosa, viene in soccorso proprio il parallelismo con le randoneè ed è stimolante pensare a quale sia la nostra “bicicletta metaforica personale”, quella che ci fa andare avanti  nonostante la fatica, quella che ci offre consolazione nonostante le poche ore di sonno passate scomodamente sul ciglio della strada, quella che ci sostiene nonostante i nostri limiti, quella che a volte si rompe e allora ti devi fermare oppure non ce la fai più tu e allora ti appoggi a lei.

Ciò che ti fa arrivare alla fine, in una randonner è quanto sai di te e dei tuoi limiti, quanto riesci ad amministrare le tue risorse nel lungo tragitto verso il traguardo, quanto impari delle tue paure durante le notti buie e fredde o piovose e cosa ti serve per superarle.

Buon viaggio

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Studio di Psicologia e Psicoterapia Dott.ssa Basei e Dott.ssa Moretto

Considerazioni psicologiche sulla relazione uomo- cane: l’innamoramento.

Meglio mettersi a scrivere va, ma non di covid19, di angoscia di morte e simili. Scrivere è un potente antidoto, serve per distrarsi, ovvero per essere attratti da altro, serve per organizzare i pensieri e l’esperienza.

L’altro giorno, durante una profonda discussione con una amica educatrice cinofila,mi è capitato di fare un nuovo parallelismo tra legami tra umani e legami tra umani e cani. Dal dialogo emergeva come, dopo un iniziale Innamoramento, noi umani tendiamo a lamentarci del nostro cane nel momento in cui ci accorgiamo che non corrisponde alle nostre aspettative, dal momento in cui ci accorgiamo che non è come lo avevamo immaginato Questa cosa a me ha fatto venire in mente quello che succede tra noi umani quando ci innamoriamo.

Nietzsche ha colto bene la dinamica dell’immedesimazione umana, che così descrive: “l’amore rende uguali. L’amore vuole risparmiare all’altro, al quale si consacra, ogni senso di estraneità. Di conseguenza è tutto un fingere ed un assimilarsi, un continuo ingannare e recitare la commedia di una uguaglianza che in realtà non esiste” .

Chi ama si allontana da sè per cercare di essere come presume l’amato lo voglia, si allontana da sè per diventare rispetto all’amato, il suo specchio e la sua conferma”.
Forse anche i nostri amati cani provano disperatamente ad essere come noi li vogliamo ma loro, a differenza di noi, non sanno fingere di essere ciò che non sono. Forse allora , sono solo i nostri desideri umani a rendere il nostro cane ciò che vogliamo che sia.

C’è un momento quindi in cui tutto questo si svela, ed è il momento in cui noi umani cominciamo a lamentarci del nostro cane . Questo è il momento in cui è necessario promuovere il riconoscimento delle differenze individuali , che , se da un lato non ci consentono la fusionalità, dall’altro salvaguardano finalmente l’identità di ciascuno. Questo è il momento in cui è necessario riprenderci le nostre aspettative e bisogni umani riposti sul cane e cominciare a guardarlo per quello che è. Questo è il momento di cominciare ad amarlo veramente.

Chi ama o ha amato sa quanto sia difficile ma bellissimo quando, dopo l’innamoramento, si decide di amarsi nonostante le differenze, si riesce a disilludersi e non a deludersi, si accetta che l’altro non sia quello che avevamo immaginato ma è ancora piu’ bello per questo. Scoprire ciò che il nostro cane è realmente, aldila’ delle nostre proiezioni su di lui, dovrebbe portarci a scoprire il suo mondo, la sua alterità, la sua meravigliosa identità e non dovrebbe mai portarci ad allontanarlo da noi.

E’ questo il viaggio che vale la pena fare!
Dott.ssa Marzia Basei